sto scoprendo di non riuscire a fare molto in questi giorni: sveglie all’alba, a sole già alto, nel cuore della notte causa soliti sogni di merda — e sole sulla pelle nuda, sigarette e caffè sotto al patio anaerobico, la poca aria che arde dalle cicale ai grilli senza un attimo di tregua. lavoro non ne arriva e il burnout è reale. a tratti il sospetto che questa pagina sia un remake di gone outside.

sarebbe bello poter scrivere dilaga l’anarchia. ma questo non accade. quello che più che dilagare sembra ormai esser sin troppo dilagato è questo piglio d’obliviousness che vedo avvinto ai simili, che peraltro per nessun motivo mi sento compulso a biasimare. ognuno fa quello che può, alla fine, in totale assenza d’indizi e spesso privo d’una anche remotamente affidabile, o solo tentativamente sensata, capacità d’astrazione. in girum imus nocte perché la notte è dilagata ovunque.

e il libraio autonomo dalle mie parti che un giorno tanti anni fa quel palindromo lo tradusse ‘nnamo ‘n giro de notte e damo foco a tutto.

sulla spiaggia stamane s’era fermata a riva davanti a noi una coppia di vecchini molto anziani. palesi, pressoché inignorabili i segni d’una tenera devastazione temporale. sembrava irrispettoso fotografarli ma non si poteva non farlo. la lente ai primi scatti era appannata da qualcosa di oleoso e sulle immagini è rimasta una patina di foschia sognante, un filtro glamour completamente inadeguato e tuttavia perfetto, pregnante, come ricordarsi di sé un milione di iterazioni dopo, incerti e avviluppati (ibid.) dall’alzheimer.

Fluttuazioni grandi sarebbero quasi inconcepibilmente rare, ma possibili per le enormi dimensioni dell’universo e all’idea che siamo risultato di queste fluttuazioni, ci sarebbe un “effetto di selezione”: osserviamo questo universo molto improbabile perché abbiamo bisogno di condizioni improbabili per sorgere.

però appunto, il remake di gone outside anche no, considerando che le eco di quella fase se la staranno ancora fischiando in coda al tinnito e che non ravvedo nei meandri dei pertugi laminari un’anche sparuta stilla d’anelar convalescenza.

anelar tutt’altro, invece, quello è poco e certo. e qui la tentazione è d’impilare righe su righe d’ulteriori apparenti insensatezze, più livide di quelle che hanno preceduto. di foto dei vecchini ne metterò su un’altra, l’ultima scattata, quando esfiltrano dal range della mia visione e procedono verso il resto del loro giorno, tenendosi per mano. oppure no, non metto su neanche quella. ne lascio l’ecfrasi a tagliola cognitiva e buona la prima.