spiega Siri Hustvedt in un’intervista letta ieri:
Ogni libro, dipinto o brano musicale prende vita nel suo lettore, spettatore o ascoltatore, ed è animato dai suoi responsi innati — dai pensieri, ma anche dalle sensazioni e dalle emozioni. Quando scrivo un romanzo, sento i protagonisti dentro di me come se fossero parte della mia memoria, ma quando parlano sulla pagina, resto spesso sorpresa da quello che dicono. Comporre una frase significa soppesarla contro un senso di giusto e sbagliato. Talvolta le parole escono ‘giuste’. Altre volte resto bloccata — le parole sembrano ‘sbagliate’ — ma se mi alzo e mi muovo, la frase compare. C’è una forte componente motoria della scrittura che viene comunicata al lettore e da questi percepita. La frase, ma anche il libro nel suo insieme, deve avere una costruzione ritmica, deve camminare, correre, balzare e capitombolare. La suspense genera frasi in staccato, la meditazione genera continuum in legato, e il lettore sente questa musica assieme alla semantica. Ma ogni narrazione esclude tanto quanto include. Leo sa che la stessa storia può essere narrata in tanti modi diversi da punti di vista differenti, ma sa anche che il suo bisogno di raccontarla è una necessità di colmare quello che con le parole si perde. E ogni romanzo è scritto per qualcun altro, un lettore immaginario. Il mio capisce tutte le battute, comprende ogni riferimento e dirime ogni sarcasmo.