non so se sarebbe sensato avere un registro accurato e accessibile delle parole altrui che annoto ogni giorno. si tratta probabilmente di troppo lavoro. da anni gli sfalci s’ammassano a mucchi e se volgo lo sguardo, tra gialle cartelle e bianche pile, esala inattaccabile l’evidenza che un ordine sia impossibile.

questo però lo annoto, quantomeno per non perderlo: l’incipit di un libro che non credo vedrà una versione italiana. non c’era nessuna pagina dalla quale potessi copiarlo, perciò l’ho tradotto:

Ti sei mai accorto che quando siamo vicini all’acqua voglio scopare? Ricordi a Snowdonia? Quel fiume ghiacciato? Io che mi spogliavo e dispiegavo nell’oblio mentre tu t’avvizzivi e aspettavi che tutto fosse finito. Ero così estasiata che mi ci sono voluti anni per accorgermi che non eri proprio lì con me.

sullo stesso sito, in un’intervista, l’autrice:

ma ho avuto un breve istante di paura poco prima che venisse pubblicato, quand’ho pensato, “Oh, Dio, mi vedranno tutti nuda!”

a onor del vero qualsiasi registro avrebbe senso compiuto solo annotando anche come s’è arrivati al brandello in questione, le proprie pregne considerazioni e succedanei rivoli. ma per questa emenda quanto scritto sopra vale almeno il triplo. e la somma interagente di tanto sfrigolio sinaptico e assalto di fotoni ammonta ovunque a zero.