da giorni non si riesce che a riportare negli appunti commenti sempre più elaborati a uno qualsiasi dei lavori in corso, bruciati per altro in tempo record vista una coda incrementale per span e range del cervello che di rimando s’accorciano, e ciò stante la mano compassionevole dell’universo, che in queste ore gioca al quindici come mai, stupendo e commuovendo me e anche le pietre. e all’opposto del guado il dato che tanta pena a malapena andrà a colmare un apice di dieci bulbi per generare in primis altra pena e risultati finali scissi, traslati chissà come per fagocitare altri span e ore al gaudio di sere e notti sulla terra.

a ciò s’è da tempo adusi ed è forse inutile darne conto, eppure stamane, favoleggiando con un amico d’una rete ipotetica di case affittate a rotazione intesa a sfangare l’arcigno esponenziale delle utenze come fosse già distopia aperta, mi sono trovato a farlo in strada, col cane che s’arrabbiava del transito dei simili mentre i bipedi di vomito in groppa ad altri bipedi sembravano averne già sgorgato bastante.

c’è poco sollievo ancora in aere e anche di questa discrepanza s’andrà a congegnare una risoluzione. fido l’ausilio. pari alle più inospitali lettere d’europa la frase che scorre in testa è una sola: come una piena o un vortice da sempre scorre spiazzando quant’è dragabile, irrispettosa e ignara a mo’ di cieche furie dei fenomeni.