la rete smotta e forse era pure ora. il post che resta in cima settimane è un’istanza la quale valenza passata il tempo ha smarrito, e oggi potrebbe alludere solo al fatto che s’è stati impegnati, ammalati o distratti o forse solo rivolti altrove, perpetui e imbambolati, pregna l’aere di fragranze atempori. e intanto trascorrono eventi clou, ciarle quotidiane e compleanni, e nel tempo si traghetta alla Caronte, tenendo stretto l’obolo che tanto a lungo ci ha lenito lo sguardo.

fuori l’autunno transita all’inverno. in giorni di confino per non sparger pesti anche il tenue fuori appare un eldorado. anni fa, intervistata da El País, quando le si chiese perché scrivesse come scriveva, Bárbara Jacobs rispose a questo punto i libri lineari sono stati tutti scritti, e in tutti i loro stili, le epoche e le lingue sono insormontabili. un altro spunto interessante su ribbonfarm:

Un pensiero più nefasto che mi è sovvenuto è che forse questo senso di atemporalità è più difficile ravvederlo perché di fatto il tempo lo stiamo esaurendo e la nostra civilità mortale è agli sgoccioli. […]

Mi è sovvenuta anche un’idea curiosa, cioè che stiamo annegando in un mare di reboot, di repliche e storie riciclate sugli schermi televisivi e cinematografici per lo stesso motivo per cui le persone in punto di morte vedono la propria vita scorrer loro davanti agli occhi in un baleno. La storia sta finendo.

non sarà così facile disfarsi delle attese interminabili ovunque, ormai arti fantasma d’un processo di perdite incolmabili e irriconoscibili, gesta cieche e quasi completamente robotiche mentre ancora c’è chi tenta di fingere d’averci capito qualcosa e l’erge persino a vessillo della propria espressione. quando invece nessun giardiniere è più possibile perché la giungla ha sbranato ogni micron di quello che contenevano sempre più alte mura.