mi è dall’aere soggiunta un paio di giorni innanzi una fulminante composizione di una poetessa a me sconosciuta, l’argentina Estela Figueroa, scomparsa nell’estate dello scorso anno a metà della sua settima decade, i quali testi credo siano stati degnati di rado d’una versione italiana. la poesia si titola natura morta, e provo a tradurla così:

Pomodori rossi
con una fessura nera.
Limoni gialli
con capezzoli verdi.
Carote erette
patate ovali
banane riverse arcuate.

Sesso sopra la tavola
dove impasto il pane.

l’indomani un altro grumo di versi di C.D. Wright, con le parole era bianca e sfumata come un kleenex che si tramuta in cigno e a tratti mi capita di pensare che solo la poesia può salvarci, anche se non è più ben chiaro da che cosa, ma questa favoleggiata salvificità sembra rilucere come un rammentare folgori, e le immagini compresse, i rimandi troppi e allucinati, il fiato trattenuto e sussurrato sopra le labbra ancora umide come se in quelle sillabe si vada rendendo l’anima — non uso mai ellissi, nessun pensiero nasce o vive completo e ancora non pare un buon motivo d’interromperlo in corso d’azione. nelle prime foto che emergono alla query ambo le poetesse sono ritratte avanti negli anni e in compagnia di cagnolini: quello della Wright dorme beato sul divano, quello della Figueroa, ancora più piccino, guarda spaesato e sconsolino l’obiettivo e forse la curiosa scena di chi lo va operando.

qui c’è tutta una parte dove spiego che succede dopo e che si è persa nei troppi appunti che hanno affogato i propositi produttivi del mattino insorgendo e proseguendo dagli stessi: altre righe tradotte della Figueroa (che altro resta / di me // queste mani / le mie poesie) (Ho momenti in cui il mio corpo pare / come una casa abbandonata // E non so se sono io / o il mio fantasma / ad averla invasa / per errore), un carteggio ecfrastico tra gente che non conosco (l’intensità della luce del sole era intollerabile, quasi come in Sicilia, diceva uno) che mi fa venire in mente, con qualche istante d’anticipo, che tutta la poesia è al minimo un’ecfrasi della realtà, e fuori casa hanno divelto sampietrini per stanare radici, in biblioteca c’era troppa gente e ormai la testa stava ondeggiando in fluttuo a veleggiare altrove, sempre troppo lontano, e la cucina animata di sensi è un antidoto situazionista alla derealizzazione, al male oscuro del decontesto, un antidoto dove alla fine l’unico plausibile è comprendere come non vi sia veleno alcuno.

il 22 gennaio è iniziato l’anno del Coniglio. come scrivevo qualche giorno fa, nell’anno del Coniglio non possiamo fare altro che capitombolare senza requie nella sua tana.