dunque tra queste righe in mesi e mesi ho messo soltanto una foto, per altro all’inizio, quando non sapevo ancora che direzione prendere e prima di arrendermi al dato che nessuna direzione fosse possibile, tanto grave e scavato il solco. nel poco che ho da riprendere fiato apro tre tab ma non so bene cos’è che vado cercando: vedo interruzioni strane al termine d’archi esistenziali incomprensibili, dall’altro lato una voce che spinge a tornare al lavoro ripetendo a mantra la stringa delle prossime scadenze. il telefono squilla ma se non sono i robot a chiamare è qualche derelitto che asseconda i loro intenti. questa, nel libro che ho finito prima di pranzo dopo avervi penato un centellinare proseguito giorni e settimane anche se il testo era poco ma tanto a tratti per la madonna pregno e denso, commovente, nella piccola finestrella e tenebra dove non c’era verso di sottolineare un rigo o appuntare a margine frasi di rimando, poteva pure starci, chiamata marzo all’inizio, 2023, la stringa dell’anno nulla a che fare con quella che per cinque lustri almeno dev’esser stata fantascienza: ma non riesco a terminare prose senza staccar paragrafi.

almeno, dopo l’alba, la forza di graffiare qualche pagina l’ho trovata, anche se cosa c’era scritto sopra non lo sapremo mai. e ora via, a pubblicare la prima stronzata che traversa il cranio a tenta d’inoculare l’altra causa di male del veleno improvvisato della pennica, prima dell’abisso di un’altra quaterna d’ore a scrivere e scrivere comunque, frasi che scorreranno troppo veloci sotto ai fotogrammi, lette veramente da nessuno in quanto tali.