vero: idee, osservazioni, sintesi e sementi hanno bisogno di spazio cognitivo per emergere. indi il pensiero intrusivo è una forma di miseria. non è questa la prima osservazione del 2023, e neanche la prima che sento il desiderio di condividere. lo status epistemico di questa risica conversazione col vuoto attraversa momenti di burrasca, che l’assenza d’aggiunte ulteriori e pregnanti maschera bene nella quiete di nessuno status, nessun aggiornamento. tra i dilemmi il lasso tra le parole della clausola finale nel recap del sito, scritte e pubblicate a luglio del 2022,

si diffida chiunque dall’includere questo sito e ognuna delle sue pagine in ogni sorta di dataset assemblato all’addestramento d’intelligenze artificiali o dedito a qualsivoglia obiettivo ipercapitalistico autoperpetuante. è diritto umano basilare avanzare questa diffida e basilare comportamento animale rivendicarla con daga, livore, aggressione e inarrestabili malefici.

il sorgere dell’antisingolarità stralciato dai diari sul finire di settembre dello stesso anno,

nessuno supera nessuno, le capacità computative di uomini e macchine pattinano a vuoto perché ormai i sistemi sono saturi di merda e non solo non resta più niente da pensare, si è anche smarrita la cognizione di come andrebbe fatto

e la realtà consensuale infine unita al coro, qualche giorno fa, per voce d’entità pseudonimica colta di passaggio in un’agorà:

mentre a poco a poco il pubblico si schiarisce le idee, quello che potremmo ottenere non è un’intelligenza artificiale incredibilmente geniale, ma un web privato e frammentato dove nessuno è così stupido da pubblicare contenuti originali allo scoperto — dato che tutti gli incentivi psicologici e finanziari sono stati distrutti — e i modelli che di rimando affogano nel proprio vomito, non avendo più nulla su cui addestrarsi che non la propria produzione

non tanto il lasso intercorso, quanto quello che dovrà intercorrere prima del passaggio successivo, e gli errori inevitabili che ormai da vent’anni e oltre andiamo compiendo al riparo illusorio delle egide di questi schermi sempre più minuti, le minacce esistenziali ultime che anzi che sorgere all’orizzonte fiammanti, apocalittiche e distruttive quando ci disperavamo per la fine imminente, si sono insinuate sui divani, le tavole, le strade ed i giacigli mentre persino il disperarsi passava di moda per lasciare spazio al languore d’una indescrivibile, imperdonabile apatia.

col cane all’alba per una strada che ancora mi è nuova qualche giorno fa ponderando il proverbio vitale a Bayo Akomolafe sorto al cervello sui vapori di primi caffè e tabacco anzi al risveglio per evitare di rispondere con altre crisi a crisi in corso al centro dei filari d’olmi mi sono fermato, gravità e luce ovunque a colare come un miele, l’istantanea in trigono col frangente delle 4:03 del mattino del 10 aprile 2015, un venerdì, dunque Monterotondo e minimo dodici ore di soma, dove riportavo, di sicuro dal mondo dei sogni, della maledizione dell’akinetopsia rovesciata, dove imponenti vortici di movimento perdono per sempre la facoltà di percepirti e l’auspicio del trigono oggi il finalmente aver compreso che non si trattava affatto di una maledizione, ma di una strategia possibile, attuabile, e se le cose si mettono male, persino vitale.

nelle altre notizie, come primo gesto giulivo dell’anno stavo per cassare dalla pagina tutto l’appena trascorso, poiché sembrava proprio e a modo. grazie al cielo nel primo del gesto s’è intravista una falla: della superstizione del calendario ne blatero da un decennio e ormai anche per quello ho rotto il cazzo. l’anno scorso dunque resta, almeno per ora. che non si dica che non sono mai stato cordiale. tra qualche giorno la Random House smollerà nella cultura umana le 682 pagine dei diari completi di Kafka, ritradotti integralmente in inglese. su twitter chi già ne possiede una copia pubblica una foto dell’ultima voce sopravvissuta, che recita:

Sempre più ansioso mentre scrivo. È comprensibile. Ogni parola, contorta dalla mano degli spiriti—questo svolazzo della mano è il loro movimento tipico—diviene una lancia rivolta contro chi parla. In particolar modo un’osservazione come questa. E così via all’infinito. L’unica consolazione sarebbe: succede che tu lo voglia o meno. E ciò che vuoi è davvero di poco aiuto. Più che consolazione è: Anche tu possiedi armi.

del frammento al momento non ci è dato di sapere la data. chissà cosa ci sarà scritto nell’ultima delle nostre.